«Sono oltre 300 gli studenti universitari che, dal 2004 a oggi, hanno affidato il proprio tirocinio ai nostri infermieri e tutor», rivela il dottor Aldo Montanaro.
Dal 2004 a oggi sono oltre 300 gli studenti del corsi di laurea in Infermieristica dell’Università degli studi di Torino che hanno svolto il proprio tirocinio da infermieri tra i reparti di Humanitas Cellini. «Alcuni di loro sono rimasti con noi, altri sono andati a lavorare altrove, spesso anche all’estero: quasi tutti mantengono i contatti con noi perché abbiamo rappresentato una figura importante nel loro percorso di formazione e vogliono ancora farci sapere che cosa fanno e come si muovono». Parola di Manuela Costamagna, coordinatore infermieristico dell’Urologia di Humanitas Cellini, un’esperienza di infermiere affiancatore che parte nel 1999 e che dal 2004 trova spazio in Cellini, dove dal 2009 svolge il ruolo di tutor clinico.
Agli studenti della Città della salute e della scienza si sono aggiunti dallo scorso ottobre quelli del San Luigi: «Da anni Humanitas Cellini investe sulla crescita del personale infermieristico nei ruoli di formatori e affiancatori – conferma il dottor Aldo Montanaro, direttore dei Servizi assistenziali sanitari di Humanitas Cellini, Humanitas Gradenigo e Clinica Fornaca –. Essere individuati come sede di tirocini è un riconoscimento che premia la bontà del nostro lavoro. Ogni studente dispone di un percorso individualizzato che si costruisce sul confronto continuo tra le due figure di riferimento, incaricate di monitorarlo nel periodo di tirocinio che va dalle quattro alle sei settimane».
Se l’infermiere affiancatore ha il compito di seguire lo studente all’interno del reparto e di aggiornarlo con costanza sui percorsi assistenziali in corso, al tutor spetta la responsabilità della gestione dell’intero percorso di tirocinio. «La valutazione finale viene formulata su tre punti – spiega Elena Messina, infermiera della Chirurgia interventistica vascolare di Humanitas Cellini e tutor clinico -: assistenza, organizzazione e lavoro d’équipe, autoformazione dello studente. Per noi si tratta di un’esperienza impegnativa ma gratificante perché veder crescere lo studente in autonomia rappresenta la prova della correttezza del percorso intrapreso».
Si tratta di un percorso che parte da lontano: «Quello del primo anno è un tirocinio fatto soprattutto di osservazione e orientamento – aggiunge Maria Serban, coordinatore infermieristico dell’Ortopedia di Humanitas Cellini e tutor -: è il primo passo di un cammino che, sempre sotto la nostra osservazione, nel terzo anno porterà lo studente a prendersi completamente carico dell’assistenza di un paziente, dal ricovero alla dimissione». Per il personale di reparto rappresenta una notevole mole di lavoro che contempla uno scambio importante: «Noi diamo agli studenti la nostra esperienza e competenza, loro ci ripagano con gli stimoli dell’innovazione e delle evidenze scientifiche che scoprono durante il percorso di studi».
Il 90 per cento degli infermieri di Humanitas Cellini ha la qualifica di infermiere affiancatore: «Vengono tutti formati con un corso iniziale e aggiornati attraverso l’Università – puntualizza Manuela Costamagna, che in Ateneo presiede anche agli esami di tirocinio -: all’infermiere viene prima insegnato l’approccio con lo studente e poi spiegato come aiutarlo nel suo percorso formativo». Il tirocinio è il momento in cui lo studente può mettere in pratica quanto impara all’Università: «Il primo impatto può anche risultare forte e questo ci porta a essere molto attenti e pronti a supportare chi trovasse delle difficoltà», specifica Elena Messina. Mentre Maria Serban sottolinea un altro concetto importante: «Imparare la professione significa anche saper osservare il paziente, entrare in relazione con lui attraverso il ragjonamento clinico».
Una modalità che rappresenta uno dei capisaldi del percorso formativo di Humanitas Cellini. «I nostri strumenti educativi puntano a favorire una mentalità riflessiva, il pensiero critico, la capacità di risolvere i problemi e indirizzare una speciale attenzione alle relazioni con i pazienti e le loro famiglie», conclude il dottor Aldo Montanaro.