Sport da combattimento: sempre più diffusi e popolari, fanno registrare frequenti lesioni a mani e polsi: «Vanno trattate in modo adeguato facendo attenzione alle caratteristiche di ogni singolo sport e di chi lo pratica», spiega il dottor Giorgio Pivato.
Sport da combattimento: sempre più diffusi e popolari tra il pubblico, fonte di frequenti traumi a mani e polsi, nei professionisti come negli agonisti che, soprattutto in questo periodo dell’anno, si avvicinano in grande numero a queste discipline da palestra. Un’indagine svolta qualche anno fa attribuiva proprio a mano e polso il 53 per cento delle lesioni a carico dell’arto superiore durante la pratica di sport da combattimento, mentre solo il 27 per cento era a carico della spalla e il 19 per cento interessava il gomito.
«La diffusione degli sport da combattimento ha fatto aumentare il numero di traumi a livello di polso e mano, anche per via della loro natura sempre più violenta», spiega il dottor Giorgio Pivato, responsabile del Centro di Chirurgia della mano di Humanitas Torino. «C’è un’importante differenza tra praticanti agonisti e professionisti: nei primi, le strutture più frequentemente coinvolte sono quelle legamentose per via della mancanza di una corretta tecnica di tiro e per una minore attenzione nella prevenzione, nei secondi sono invece le ossa ad andare maggiormente incontro a lesioni in quanto la componente di forza prevale sulla resistenza dell’osso».
Gli sport da combattimento possono essere classificati in tre principali categorie:
- Striking sport (Boxe, Kickboxe, Karate, Taekwondo): in cui si deve sconfiggere l’avversario colpendolo con calci e pugni.
- Grappling sport (Jiu-jitsu Brasiliano e Judo): in cui si deve dominare l’avversario con prese varie ma senza percussione.
- Sport ibridi (MMA, vale a dire Mixed Martial Arts e altre tecniche di difesa personale) derivanti dalla commistione dei due stili precedenti.
Ogni categoria presenta lesioni caratteristiche. «Negli sport da contatto – conferma il dottor Pivato -, quelle più frequenti sono le fratture delle dita, dei metacarpi e delle ossa del polso. In tutti questi casi, il corretto trattamento impiegato con tecniche mini-invasive può permettere all’atleta un ritorno alla pratica sportiva anche in tempi brevi, del tutto impensabile fino a pochissimo tempo fa». Negli sport che prevedono prese sono invece più frequenti lesioni dei legamenti, lussazioni e distorsioni: «In questo caso è fondamentale la diagnosi precoce – interviene il dottor Pivato -. Troppo spesso si tende a minimizzare l’effetto di un trauma se “l’osso non si è rotto”. Talvolta però sono proprio queste lesioni a lasciare esiti più invalidanti rispetto a una semplice frattura. Ecco quindi che una diagnosi puntuale permetterà il corretto inquadramento della lesione e la possibilità di mettere in pratica tutte quelle azioni utili a conseguire la miglior guarigione nel minor tempo possibile». Oltre a fratture e lussazioni, le mani degli atleti sono spesso segnate da graffi, contusioni ed escoriazioni. «Anche se nessuna di queste lesioni costituisce un’emergenza – prosegue il dottor Pivato -, occorre trattarle correttamente per evitare complicanze anche gravi che possono richiedere tempi lunghi prima di riprendere a combattere. Quando si sente dolore al momento di colpire è perciò bene fermarsi qualche giorno per non infiammare ulteriormente la parte offesa. È comunque possibile continuare ad allenarsi utilizzando sacchi più leggeri da allenamento o praticare il lavoro di gambe».
Come proteggersi da una possibilità così alta di andare incontro a traumi? «La maggior parte di questi sport prevede l’utilizzo di una qualche protezione, sia per ridurre il rischio di lesioni alle mani quando si colpisce sia per evitare di provocare lesioni gravi alla testa o ad altri organi di chi viene colpito. Questi presidi andrebbero sempre indossati, in combattimento e durante l’allenamento. Un’altra precauzione da seguire con grande attenzione è la fasciatura delle mani, che deve essere sempre praticata con estrema cura da persone competenti», risponde il dottor Pivato. Questi atleti danno e prendono un sacco di botte ma come si fa a capire quando ci si è fatti male davvero? «Si tratta di sport in cui polsi e mani vengono sollecitati continuamente: percepire un indolenzimento risulta normale e, con il tempo, l’atleta impara a riconoscere il semplice affaticamento da una situazione più grave. Tuttavia – conclude il dottor Pivato – nel caso di un dolore più intenso, diverso dal solito, che provoca una diminuita funzionalità della mano o che perdura nel tempo, l’invito è quello di rivolgersi a uno specialista in grado di riconoscere per tempo l’eventuale presenza di lesioni e mettere in pratica quei gesti terapeutici che consentano un rapido ritorno all’attività».