Si parla di ipertensione arteriosa quando la pressione sanguigna a riposo supera costantemente i valori fisiologici massimo (circa 130 mmHg) e minimo (circa 85 mmHg). Generalmente asintomatica, se non trattata può dare esiti gravi come aterosclerosi, attacchi di cuore, ictus, formazione di aneurismi, insufficienza cardiaca, danni renali e forme di demenza.
L’accumulo di tessuto adiposo, che porta all’aumento del peso corporeo, può essere un fattore di rischio per l’ipertensione. Si è sovrappeso quando l’Indice di Massa Corporea (BMI), che si calcola dividendo il peso della persona per la sua altezza, è compreso tra 25 e 30; si parla di obesità per valori superiori a 30.
La pressione arteriosa cresce in maniera proporzionale con l’aumento del BMI già a partire dallo stato di sovrappeso, a prescindere da sesso, età ed etnia.
Il sovrappeso sembra provocare ipertensione per l’azione dei seguenti meccanismi:
- l’insulino-resistenza, tipica dell’obesità, che causa l’aumento del volume del plasma sanguigno
- la maggior fatica del cuore nel pompare sangue in un corpo obeso;
- alterazioni nell’attività renale
- l’assunzione di quantità eccessive di sale, che non dovrebbe mai superare i 5 grammi giornalieri.
Una buona strategia per riportare la pressione arteriosa dentro il range di normalità è perdere i chili di troppo sia tramite un’alimentazione sana e ricca di potassio, sia con esercizio aerobico moderato e costante. Il dimagrimento deve però essere graduale, persistente e significativo: per ogni 10 Kg di peso persi, la pressione massima diminuisce di circa di 1 mmHg nei primi 2-3 anni fino a raggiungere i 6 mmHg nel lungo periodo.