«Quando il reflusso gastroesofageo si manifesta con una certa regolarità occorre rivolgersi al gastroenterologo», sottolinea la dottoressa Monica Foti dell’ambulatorio di Gastroenterologia di Humanitas Cellini. «Sottovalutare o trascurare i sintomi può produrre effetti anche gravi, un intervento tempestivo e un corretto stile di vita possono invece risolvere il problema».
Il reflusso gastroesofageo è una patologia molto diffusa che interessa circa il 20 per cento della popolazione del mondo occidentale e che si registra quando il contenuto gastrico viene a contatto con le pareti dell’esofago provocando bruciore retrosternale e rigurgito. L’ambulatorio di Gastroenterologia di Humanitas Cellini condotto dalla dottoressa Monica Foti si occupa quotidianamente di pazienti alle prese con questo tipo di disturbo.
Dottoressa Foti, quando deve rivolgersi al gastroenterologo il paziente che accusa episodi di reflusso gastroesofageo?
«Quando la sintomatologia tende a diventare cronica e a verificarsi più volte nell’arco di una settimana. Tutti noi possiamo avere sporadici episodi di reflusso legati al pasto o a situazioni di stress contingente, tuttavia se questi episodi diventano regolari è più che mai opportuno rivolgersi a uno specialista».
Anche perché sottovalutare i sintomi o aspettare che passino da soli può essere pericoloso.
«Certamente. Aspettare non è produttivo: frequenza e intensità dei reflussi possono assumere una valenza patologica e quest’infiammazione, col tempo, può evolvere fino a danneggiare il tessuto dell’esofago con erosioni e piccoli ulcere che danno vita all’esofagite. Nei casi più gravi, i soggetti riportano danni ai tessuti che conducono al cosiddetto Esofago di Barrett, un possibile fattore facilitante dello sviluppo di carcinomi esofagei».
Intervenire per tempo può invece risolvere il problema in modo tempestivo ed efficace.
«Sì, perché abbiamo a disposizione una scelta terapeutica e farmacologica molto varia e valida. Gli inibitori della pompa protonica riducono l’acidità dei succhi gastrici e garantiscono risultati efficaci. Tuttavia vanno assunti in maniera appropriata, seguendo le indicazioni del gastroenterologo ed evitando quel pericoloso “fai da te” che ignora come certi farmaci non siano privi di effetti secondari nel lungo termine».
Quali sono di norma i pazienti che soffrono di reflusso gastroesofageo?
«Si tratta di una patologia che non fa distinzioni di genere e che di norma colpisce chi ha più di quarant’anni. Tuttavia, il numero di persone giovani alle prese con questo tipo di problema è in costante aumento, colpa dei ritmi di vita sempre più frenetici e di un’alimentazione meno sana e corretta di quella di una volta».
Il cambio di stagione agisce in qualche modo su questa patologia?
«Decisamente. Il cambio di stagione è un momento critico che influisce molto nei pazienti con reflusso cronico: il cambio di temperatura e le differenti modalità di alimentazione legate all’assunzione di cibi “nuovi” favoriscono un peggioramento della situazione. Un ciclo di terapia a basso dosaggio può risultare utile per prevenire questo tipo di impatto».
Come si previene il reflusso gastroesofageo?
«Come già detto, alimentazione e stress giocano un ruolo importante. Ma anche chili di troppo, quantità e qualità del sonno notturno possono contribuire in modo rilevante. Ecco allora che evitare fumo e alcol, ridurre i carboidrati, perdere qualche chilo e svolgere una regolare attività fisica sono comportamenti che possono aiutare a ridurre la sintomatologia».