«Per diagnosticare questo disturbo tipico dei soggetti allergici è sempre necessario rivolgersi a un allergologo in grado di sottoporre il paziente a esami accurati e validati», spiega il dottor Franco Nebiolo, specialista di Humanitas Cellini.
Raffreddore con starnuti, naso che cola e si chiude, occhi arrossati, tosse e difficoltà di respirazione: sono i disturbi che si manifestano nei soggetti allergici ai pollini. È la cosiddetta pollinosi che, al contrario di quanto si crede, non è un fenomeno legato alla sola primavera: «Ciascun polline ha un periodo tipico di fioritura che in molti casi si realizza nelle altre stagioni dell’anno», conferma il dottor Franco Nebiolo, allergologo di Humanitas Cellini.
«Il soggetto allergico che entra a contatto con i tanto temuti pollini – prosegue il dottor Nebiolo – sviluppa una reazione specifica e produce anticorpi IgE. Sono questi ultimi, dopo il contatto con gli allergeni liberati dallo scioglimento dell’involucro protettivo del polline, a indurre la reazione allergica provocata da molecole, soprattutto istamina, liberate da cellule denominate mastociti che determinano l’insorgenza dei classici disturbi allergici». I sintomi tipici sono la rinorrea acquosa (naso che cola), la congestione nasale (chiusura del naso), bruciore e arrossamento delle congiuntive, starnuti, lacrimazione, prurito a palato, naso e occhi; tosse secca e stizzosa spesso notturna e accompagnata da difficoltà di respiro e dai caratteristici sibili intratoracici dell’asma bronchiale.
«Per diagnosticare le pollinosi – precisa il dottor Nebiolo – è necessario rivolgersi a un allergologo in grado di sottoporre il paziente a esami accurati e validati, dal classico e semplice prick test ai più sofisticati dosaggi delle IgE specifiche che rivelano le sensibilizzazioni presenti nel soggetto». Negli ultimi anni, s’è fatta strada la polisensibilizzazione, vale a dire la presenza di numerose positività cutanee, da verificare tramite un dosaggio delle IgE specifiche verso le varie componenti allergeniche per far fronte alla possibile sensibilizzazione verso molecole cross reattive che non risultano rilevanti a livello clinico. «È la cosiddetta “reattività crociata” tra pollini e alcuni alimenti – aggiunge il dottor Nebiolo -. Avviene ad esempio tra l’allergene maggiore della betulla e la frutta della famiglia delle Rosacee: mela, pera, pesca, albicocca, ciliegia, prugna. Questa cross-reattività genera di solito il disturbo chiamato “Sindrome Orale Allergica” che subito dopo l’assunzione dell’alimento provoca prurito, formicolii e gonfiore alle labbra in grado di estendersi a palato e lingua, a volte anche associati a starnutazione, rinorrea e congiuntivite».
Guai però a pensare di curare le allergie in modalità “fai da te”: «L’acquisto di farmaci da banco come vasocostrittori nasali e simpaticomimetici, associato all’assunzione di antistaminici, può provocare numerosi effetti collaterali e/o una dipendenza dalla molecola assunta – ammonisce il dottor Nebiolo -. L’allergologo è invece in grado di gestire la patologia ricorrendo alle cure più appropriate: dalla terapia farmacologica topica o sistemica a base di antistaminici, steroidi topici in grado di controllare correttamente la sintomatologia del paziente, fino al trattamento immunoterapico«. Quest’ultimo è il classico vaccino dell’allergia: «Costituisce la vera cura del disturbo allergico perché è in grado di modificare la risposta immunologica del paziente – conclude il dottor Franco Nebiolo -. L’immunoterapia può essere somministrata per via iniettiva o per via sublinguale, ambedue modalità efficaci nel migliorare la sintomatologia del paziente».