«L’ischemia critica degli arti inferiori è una patologia che colpisce molti anziani e sulla quale è opportuno intervenire tempestivamente», spiega il dottor Farhang Farsi, chirurgo vascolare di Humanitas Cellini.
Colpisce in modo particolare gli uomini che hanno superato il 60esimo anno di età, le persone con il diabete e quelle che in giovane età denunciano patologie infiammatorie della parete arteriosa. Oltre ad avere un rilevante peso socio-economico, l’ischemia critica degli arti inferiori può comportare conseguenze molto gravi e invalidanti (come l’amputazione) ed è per questo motivo che occorre agire tempestivamente: «Attraverso i moderni ed efficaci metodi diagnostici dobbiamo arrivare a evitare che il paziente lamenti dolore alle gambe a riposo», afferma il dottor Farhang Farsi, responsabile della Chirurgia vascolare di Humanitas Cellini.
In tema di AOCP (Arteriopatia obliterante cronica periferica), il dottor Farsi ribadisce la validità della classificazione di Leriche Fontaine che isola quattro stadi progressivi: «Il primo stadio non presenta una sintomatologia vera e propria ma può comportare una stanchezza muscolare precoce che suggerisce massima attenzione verso i fattori di rischio», osserva il dottor Farsi. Che invita a fare grande attenzione per il secondo gradino della scala: «Quando il processo infiammatorio della parete arteriosa progredisce e si fa più palese – spiega -, il paziente comincia ad accusare quella “claudicatio intermittens” che lo costringe a interrompere la camminata per via del dolore causato dalla contrazione dei muscoli delle sue gambe». Questa è la fase decisiva, perché se paziente e medico specialista non riescono a inquadrare la situazione nel modo corretto si arriva alla terza fase: «Quella del dolore a riposo – sottolinea il dottor Farsi -. Il paziente si sveglia nel sonno e anche in assenza di attività fisica accusa forti dolori che trovano sollievo solo mettendo la gamba giù dal letto a penzoloni». Questa situazione è la brevissima anticamera del quarto e ultimo scalino della classificazione di Leriche Fontaine: l’apertura di lesioni e ulcere negli arti inferiori, in grado di verificarsi appena due settimane dopo la comparsa del dolore a riposo.
«Il compito dello specialista – continua il dottor Farsi – consiste nell’impedire che il paziente arrivi allo stato di dolore a riposo o, quando ciò accade, nell’intervenire in modo assai celere prima che la malattia registri un’ulteriore evoluzione». Ecodoppler e angiografia sono il percorso che genera le risposte più pratiche e immediate: «Le terapie endovascolari ci permettono di alleviare lo stato di sofferenza del paziente perché possiamo studiare la pervietà dei vasi e trattarla contestualmente con la fase diagnostica».
L’Ecodoppler è di importanza fondamentale e va affidato a mani esperte: «Il referto deve dire con assoluta precisione qual è lo stato degli arti inferiori, così da consentire allo specialista che esegue l’esame di angiografia di conoscere alla perfezione la situazione del paziente e di agire nel modo più efficace». Dopo una piccola anestesia locale, viene perciò introdotta a livello inguinale una guida incaricata di portare dentro le arterie i cateteri a palloncino caricati su uno stent. Il chirurgo vascolare può vedere le lesioni e capire come approcciarle per ripristinare la circolazione degli arti inferiori: «Nel 99 per cento dei casi troveremo lesioni steno-ostruttive dell’asse femoro-popliteo distale degli arti inferiori – aggiunge il dottor Farsi -. Identica sarà la percentuale di ripristino della circolazione, ottenuta valicando ostruzioni e stenosi ed eseguendo un’angioplastica su queste lesioni». Il corretto trattamento endovascolare (che ha anche il vantaggio di essere ripetibile con costi limitati) consente al paziente di recuperare terreno sulla scala di Leriche Fontaine: «Gli permette di ritrovare la sua autonomia di deambulazione – conferma il dottor Farsi – e, allo stesso tempo, lo pone di fronte alla necessità di eliminare i fattori di rischio per evitare di ripiombare in una fase più acuta della malattia».
Quali sono i fattori di rischio per l’ischemia critica degli arti inferiori? Fumo, cattiva alimentazione, ipertensione arteriosa, stress, malattie metaboliche (diabete su tutte), malattie autoimmuni, vita sedentaria e familiarità con la patologia rappresentano i principali. «Al contrario, tra i fattori di prevenzione vanta un ruolo fondamentale l’attività fisica: due chilometri a piedi ogni giorno sono un autentico toccasana», sottolinea il dottor Farsi. Che ribadisce anche l’importanza di tenere sotto controllo con gli adeguati esami la situazione di chi soffre di AOCP nonché la necessità di coinvolgere i medici di famiglia nella strategia di prevenzione: «Spetta a loro l’importante funzione di evitare che il paziente si presenti dallo specialista quando la malattia è ormai in fase avanzata – conclude il responsabile della Chirurgia vascolare di Humanitas Cellini -. Per evitare che si arrivi ad amputare un dito, un metatarso, un piede o una gamba occorre partire da molto lontano e leggere nel modo corretto ogni segnale».