Giovani e alimentazione: poca varietà di alimenti e abbondanza di prodotti già pronti rappresentano un rischio, ammonisce il dottor Matteo Goss.
«Giovani e alimentazione: si tratta di un argomento complesso e delicato. Va affrontato con cautela e con il supporto di genitori e medici specialisti per evitare comportamenti e abusi che possono rivelarsi molto dannosi nel presente e nel futuro». Lo afferma il dottor Matteo Goss, chirurgo endoscopista di Humanitas Cellini.
Dottor Goss, i giovani di oggi mangiano davvero così male?
«Un giovane su tre soffre di disbiosi: inappetenza, alternanza tra stipsi e dissenteria, sensazione di nausea. pancia gonfia e bruciore di stomaco sono tra i sintomi che, in moltissimi casi, denunciano l’assenza di varietà nell’alimentazione. La loro dieta è povera perché monotematica, ricca di prodotti già pronti, carente di frutta e verdura, scarsamente idratata e troppo carica di bevande zuccherine. Nell’alimentazione il corpo umano è fatto per variabilità e non per costanti, perciò mangiare squilibrato risulta un grosso danno. Purtroppo quello di “mangiare un po’ di tutto” è un concetto che manca alle generazioni odierne. Eppure più mangi male e più svilupperai patologie che si rifletteranno sull’età adulta, facendoti invecchiare peggio con costi elevati per la società».
Quali sono i soggetti che rischiano di più?
«Spesso si tratta di ragazzi che dormono poco di notte, abusano di alcol e mangiano male perché abusano di junk food, il “cibo spazzatura” che non può rappresentare la regola. Intercettare il loro disagio e promuovere una rieducazione alimentare con una corretta igiene di vita può risolvere il problema e non trascinare un disturbo potenzialmente molto dannoso».
Quando è corretto parlare di disbiosi?
«Diagnosticare la disbiosi non è così semplice. Il percorso corretto per giungere alla diagnosi e cura del paziente disbiotico prevede il passaggio da gastroeneterologo, allergologo e dietologo. E’ altresì utile diffidare dai test empirici sulle allergie alimentari che di norma forniscono risultati standardizzati. La diagnosi di disbiosi è costosa e impegnativa perché deve in primis escludere che si tratti di malattie come celiachia, parassitosi intestinale o allergie alimentari».
Gli effetti di questo disordine alimentare verranno pagati anche in età avanzata?
«Sicuramente. L’alimentazione in età giovanile influenza le patologie del giovane ma soprattutto quelle dell’anziano: quanto si fa a tavola da giovani, lo si porta come memoria storica nella propria vecchiaia. Un’alimentazione sbagliata, squilibrata o ricca di alcolici riduce la quantità di vita da anziano. Un ragazzino obeso che s’è mantenuto obeso e non ha svolto attività fisica, è probabile che diventerà – a parità di fattori genetici, ambientali e familiari – un adulto obeso, iperteso, diabetico, con problemi osteroarticolari, con maggior rischio di sviluppare tumore del pancreas e neoplasie associate».
Qual è il rimedio per non incorrere in queste malattie?
«E’ necessario uno stile di vita sano che comprende alcuni elementi fondamentali nella vita di un individuo: fare attività fisica, non fumare, non abusare degli alcolici, osservare una dieta ricca di fibre, frutta e verdura, stimolare l’intelletto. In questo modo ci si ammalerà di meno».
Quali sono le ragioni che hanno favorito questo caos alimentare?
«Viviamo in un periodo storico che ha perso la socialità del cibo, quella di mangiare in famiglia con qualcuno che prepara ancora da mangiare e sa cosa preparare. Quest’assenza di socialità favorisce l’avvicinamento dei più giovani ai cibi già pronti: fast food e merendine dal valore nutrizionale non sempre così chiaro. Inoltre, la maggior parte del cibo accessibile dal giovane costa poco ma fa molto male».
Cosa possono fare i genitori per aiutare i loro figli?
«I genitori hanno un ruolo fondamentale nell’educazione alimentare che non devono delegare. Per fortuna, molti si mostrano già sensibili sull’argomento, soprattutto quando si parla di bio e di attenzione verso la provenienza e la modalità di coltivazione dei prodotti che si portano in tavola».
Quali consigli dare a questi genitori?
«Almeno quattro: 1) spostare l’alimentazione dei propri figli dai cibi già pronti al cibo preparato a casa; 2) far partecipare i figli alla preparazione di ciò che andrà in tavola; 3) mantenere la disciplina dei tre momenti della giornata alimentare: colazione, pranzo e cena; 4) insegnare la varietà del cibo e far mangiare di tutto un po’ ai figli, rieducandoli al cibo in un Paese che, da nord a sud, propone culture culinarie, coltivazioni e varie possibilità di nutrirsi in modo sano».
E al di fuori dal contesto familiare?
«La speranza è che anche le nuove generazioni di cuochi cominciano a preparare “menu sociali” per educare le persone più giovani a mangiare in modo sano, senza eccedere in quel “comfort food” che, molto grasso o molto dolce e sempre a buon prezzo, può produrre danni irreparabili».