Alla Clinica Cellini viene ormai utilizzato nel 90 per cento dei casi di coronarografia. «Rispetto all’accesso femorale offre minori complicanze dal punto di vista clinico e maggiori garanzie di tollerabilità per chi vi si sottopone», precisa il dottor Francesco Milone, cardiologo interventista.
Tra coloro che si sottopongono a coronarografia e ad angioplastica interessa oggi nove pazienti su dieci: l’accesso radiale è da tempo diventato quello elettivo anche per la Clinica Cellini e ha portato con sé una serie di innegabili vantaggi. «Sono essenzialmente di due tipi – specifica il dottor Francesco Milone, responsabile della Cardiologia Interventistica e del Dipartimento medico della Clinica Cellini – : dal punto di vista clinico l’accesso radiale comporta minori complicanze di quello femorale, mentre dal punto di vista del paziente risulta assai più tollerabile, tanto da rendere l’intervento nel suo complesso assai meno pesante di una volta».
La radiale è l’arteria dell’avambraccio che tutti quanti utilizziamo per “sentire il battito” del nostro cuore: il piccolo foro di 2 millimetri che pratica il cardiologo interventista si chiude con maggiore facilità rispetto a quello creato nell’arteria femorale: «Non necessita di una prolungata compressione manuale – aggiunge il dottor Milone –. Così come il bendaggio che viene posizionato immediatamente al termine della procedura risulta molto meno fastidioso di quello femorale, che costringeva il paziente a letto con la gamba immobile per almeno 12 ore. In questo modo il paziente torna in reparto immediatamente e si può alzare anche subito dopo la coronarografia, con grossi vantaggi di tollerabilità come l’assenza di mal di schiena post procedurale e con una significativa riduzione dell’utilizzo di catetere vescicale. Molti pazienti, per lo più maschi, necessitano del catetere per urinare in posizione supina, obbligatoria quando si utilizza l’accesso femorale»
Ma il vero vantaggio è l’azzeramento delle complicanze emorragiche: con l’accesso femorale un ematoma importante o uno pseudoaneurisma si verificavano in circa il 3 per cento dei casi, a volte con necessità di trasfusioni e/o di un intervento chirurgico vascolare urgente, spesso delicato in una popolazione con cardiopatia. Con l’accesso radiale un’emorragia importante non si verifica mai.
Rovescio della medaglia è la possibile occlusione della radiale utilizzata, evenienza rara ma possibile. Ma anche in questo caso si tratta di una complicanza clinicamente di poco conto, per la presenza di circoli collaterali che immediatamente entrano in funzione e che sono in grado di “sostituire” l’arteria occlusa, senza sintomi da parte del paziente.
Si tratta di un intervento che richiede al cardiologo interventista una preparazione specifica: «Quando si diventa esperti è un intervento abbastanza semplice – precisa ancora il dottor Milone – . Ma rispetto a quello precedente ci vuole una tecnica maggiore, visto che l’arteria è più piccola, facilmente soggetta a vasospasmo e a volte tortuosa, fattori che tendono ad ostacolare il passaggio dei cateteri verso il cuore. Alla Clinica Cellini abbiamo cominciato tre anni fa e oggi, grazie anche ai nuovi aghi, alle guide ed agli introduttori dedicati, la tecnica è stata perfezionata al punto da permettere l’esecuzione sia delle coronarografie sia delle angioplastiche in più del 90 per cento dei casi».
Miglior tollerabilità e minori complicanze si traducono infine in un importante risparmio economico, dettato soprattutto dalla ridotta degenza del paziente.
La bontà dell’accesso radiale è peraltro confermata anche dagli infermieri. «Anche per noi la gestione del paziente risulta più semplice – conferma Salvatore Belmonte, coordinatore infermieristico dell’Emodinamica della Clinica Cellini -. Il bendaggio radiale viene infatti effettuato già in sala operatoria, in meno di un minuto (contro i venti minuti indispensabili per la compressione della femorale), con una procedura da noi affinata che garantisce emostasi accurata e bassa incidenza di occlusione. E anche il successivo controllo infermieristico in reparto viene molto facilitato: quello radiale rappresenta un grosso passo avanti per il paziente e per chi se ne deve prendere cura».