«La patologia più frequente è di sicuro quella tiroidea – afferma la dottoressa Ilaria Messuti – e in genere risulta più frequente nelle donne di età superiore ai 40/45 anni». Sintomi, diagnosi e cura possono risolvere un problema che in alcuni casi può anche richiedere l’intervento chirurgico.
Si occupa di tutte le patologie endocrinologiche, individuando i percorsi di diagnosi e cura rivolti ai pazienti. È l’ambulatorio di Endocrinologia di Humanitas Cellini, tenuto dalla dottoressa Ilaria Messuti, che affronta i problemi legati a tiroide, disfunzioni tiroidee, noduli tiroidei, osteoporosi, surrene e ipofisi. «La patologia più frequente è di sicuro quella tiroidea – afferma la dottoressa Messuti riferendosi ai pazienti che accedono all’ambulatorio – e in genere risulta più frequente nelle donne di età superiore ai 40/45 anni, le stesse che riportano un’incidenza maggiore per gozzi, noduli tiroidei e altre problematiche che nella tiroide generano alterazioni di funzione». Ma all’ambulatorio si rivolgono anche pazienti di sesso maschile («Per problemi ormonali riguardanti le gonadi: testosterone, disfunzione erettile, ipogonadsmo», precisa la dottoressa Messuti) e donne più giovani («Sempre per problemi di tiroide o di endocrinologia ginecologica come irsutismo, ovaio policistico o altro», aggiunge).
Il percorso di cura della tiroide passa per esami del sangue specifici, ecografia e una valutazione sulla possibilità di eseguire l’ago aspirato ai noduli tiroidei («Sono prevalentemente benigni, ma è bene approfondire»), dopodiché in base alla natura e alla dimensione del nodulo e al suo trend di crescita, si decide se intervenire chirurgicamente o se tenerlo sotto controllo come avviene nella gran parte dei casi. «Per i disturbi del funzionamento – puntualizza la dottoressa Messuti -, si valuta invece l’entità della disfunzione e spesso la si tratta con una terapia che supporti la funzione tiroidea (in caso di ipotiroidismo) o la freni (ipertiroidismo)».
Qual è la sintomatologia dell’aumento di volume della tiroide, più comunemente noto come gozzo? «È abbastanza comune che il riscontro del gozzo tiroideo sia occasionale – risponde la dottoressa Messuti -, può comparire negli esiti di un altro esame come un Ecodoppler dei tronchi sovraortici o una radiografia che mostra un allargamento dell’ombra del collo. Molto spesso, fino a quando non assume dimensione considerevoli, il gozzo non dà disturbi». È perciò molto comune che il gozzo sia asintomatico e di diagnosi occasionale («Spesso il paziente riscontra un gonfiore o una tumefazione»), ma può anche risultare in presenza di un’alterazione di funzione per via dei disturbi legati all’ipotiroidismo (stanchezza, difficoltà di concentrazione e di memoria) o all’ipertiroidismo (tachicardia, ansia, insonnia). «I sintomi sono abbastanza confondibili, ma spesso basta un esame del sangue per diagnosticarli correttamente», precisa la dottoressa Messuti.
Quali sono i problemi legati alla presenza del gozzo? Quando si deve ricorrere all’intervento del chirurgo? «Per la diagnosi del gozzo è sufficiente una semplice ecografia ed è perciò difficile che il nodulo raggiunga dimensioni così significative da risultare visibili a occhio nudo», risponde la dottoressa Messuti. Il gozzo può esprimersi con noduli millimetrici, ma può anche raggiungere i 5-6 centimetri di diametro: «Se il nodulo è benigno, l’indicazione chirurgica arriva di fronte alla tendenza di incremento delle dimensioni – sottolinea l’endocrinologa di Humanitas Cellini -. Idem se il paziente accusa i sintomi tipici del gozzo in rilievo: disturbi da compressione locale per la deglutizione, tozze stizzosa, sensazione di ingombro in posizione sdraiata. Lo stesso vale se ha una compressione della trachea, diagnosticabile attraverso una semplice radiografia. Infine, il paziente può anche richiedere l’intervento per ragioni di natura estetica». In ogni caso, è bene affidarsi a chirurghi esperti di tiroide per minimizzare le pochissime complicanze locali da tiroidectomia. Cosa succede a chi si sottopone all’intervento? «Dovrà prendere l’ormone tiroideo a vita, una terapia facilmente gestibile e senza effetti collaterali che garantisce una qualità di vita assolutamente normale», conclude la dottoressa Ilaria Messuti.