Quando il disco intervertebrale va incontro a gravi fenomeni di degenerazione può determinare la comparsa di una condizione denominata instabilità vertebrale lombare.
Quali sono le tipologie di instabilità e come si classificano?
- micro-instabilità del rachide, si verifica quando la colonna vertebrale mantiene un corretto allineamento ma il disco degenerato è causa di micromovimenti di scivolamento delle vertebre tra di loro, con conseguente infiammazione dei piatti discali o delle articolazioni vertebrali.
- macro-instabilità del rachide, si verifica quando la colonna vertebrale perde il suo normale allineamento e le vertebre scivolano l’una sull’altra a configurare quella condizione definita spondilolistesi.
Quali sono i sintomi dell’instabilità vertebrale?
L’instabilità del rachide si manifesta con dolore lombare cronico e invalidante che può complicarsi con fenomeni di blocchi articolari sporadici o ricorrenti. Tale sintomatologia può portare a importanti limitazioni nella vita quotidiana e lavorativa, divenendo altamente invalidante.
Come viene diagnosticata l’Instabilità Vertebrale?
La diagnosi viene formulata partendo dall’analisi dei dati anamnestici e delle immagini radiologiche, tra cui una RM colonna lombo-sacrale che fornisce una visione di insieme e informazioni sullo stato del disco intervertebrale e delle strutture legamentose, una TC colonna lombo-sacrale che permette di visualizzare meglio la componente ossea, ed una radiografia in flesso-estensione che consente di valutare la severità dell’instabilità.
Quali sono i trattamenti possibili in questi casi?
Il primo trattamento in caso di instabilità del rachideè conservativo, che prevede terapia farmacologica e riabilitativa, con cicli ripetuti di fisioterapia, stretching e rinforzo muscolare.
Nel caso in cui il trattamento conservativo non risulti vincente, si può optare per l’intervento chirurgico, che consiste nella stabilizzazione vertebrale; quando sono presenti sintomi radicolari è indicata anche una decompressione del canale vertebrale (laminectomia). Si tratta di interventi molto sicuri, effettuati in anestesia generale con l’ausilio dei controlli radioscopici e del monitoraggio neurofisiologico che confermano al neurochirurgo il corretto posizionamento dei mezzi di sintesi, conservando l’integrità delle strutture nervose.
Dopo l’intervento il paziente viene fatto alzare in seconda giornata e dimesso dopo quattro giorni, e potrà riprendere una normale attività evitando grossi sforzi per circa 2 mesi. È fondamentale, dopo quindici giorni dall’intervento, che il paziente intraprenda un percorso fisioterapico intenso al fine di un soddisfacente risultato post-operatorio. Dopo 3 mesi è possibile il ritorno all’attività sportiva.