La cervicalgia è il sintomo di patologie riguardanti vertebre, dischi vertebrali o muscoli di una parte della colonna vertebrale: può essere colpa dell’artrosi e delle posture scorrette.
Temuta, diffusa, fastidiosa: è la cervicalgia, più volgarmente nota come cervicale. Un dolore riconoscibile nella parte di colonna vertebrale che decorre nel capo e che rappresenta il sintomo di patologie riguardanti le vertebre e i dischi vertebrali o i muscoli che sono lì presenti. «Colpisce chi soffre di artrosi o di ernie discali ma può anche essere la conseguenza di postura scorretta, forma fisica inadeguata e sollecitazioni funzionali incongrue della colonna vertebrale», ammonisce il dottor Antonio Diego Bruno, medico ortopedico di Chirurgia vertebrale di Humanitas Cellini.
La cervicalgia interessa spesso pazienti anziani con artrosi rilevante ma colpisce anche persone più giovani, magari reduci da un trauma stradale di media entità. Più in generale combina un principio di artrosi cervicale con fattori scatenanti legati all’errata postura. «Quest’ultima – prosegue il dottor Bruno – rappresenta, soprattutto per chi fa un lavoro di scrivania, una delle più poderose fonti di problemi per il rachide e per l’intera colonna vertebrale». Di norma ci sediamo male: «Senza rendercene conto, manteniamo in posizione di contrattura tutta la colonna dorsale e cervicale: se di colpo rilassassimo i muscoli, cadremmo in avanti con la faccia sulla tastiera». Ecco perché è importante imparare a sedersi correttamente a una scrivania: «Non sulla punta della sedia ma appoggiandosi bene in fondo, regolando in modo adeguato lo schienale e assumendo una posizione ben dritta prima di avvicinare la sedia al tavolo – spiega il dottor Bruno -. In questo modo avremo una situazione più neutra che solleciterà la muscolatura a un lavoro molto più leggero».
Più in generale, per curare la cervicalgia è consigliabile curare anche la propria forma fisica: «In media sono benvenuti la corsa e il nuoto ma anche gli esercizi in grado di tonificare tutta la muscolatura che sorregge la colonna vertebrale, a partire dai mai troppo sollecitati addominali», precisa il dottor Bruno. Che puntualizza: «L’attività sportiva generica può bastare a chi non ha un problema specifico della colonna vertebrale. Diversamente si rende necessario dedicare il giusto tempo a esercizi specifici, stabiliti dopo l’adeguato inquadramento fisioterapico o fisiatrico». Con un’avvertenza: «La figura del terapeuta è fondamentale – sottolinea il dottor Bruno -. Non servono chissà quali attrezzi da palestra, ciò che il paziente necessità è qualcuno che tenga conto dei suoi problemi specifici e gli organizzi un percorso organico di buon senso. Il terapeuta competente è quello che adotta misure semplici, segue da vicino il suo paziente, lo ricontrolla con costanza ed evita di assegnarli un protocollo standard di esercizi che è spesso il prologo del suo disimpegno». In caso di problematica acuta, occorre invece agire in due mosse: «Ridurre il dolore del paziente e metterlo in condizione di diventare parte attiva della terapia».
Educare la colonna vertebrale non è una cosa banale: «Premesso che l’obiettivo è fare stare meglio il paziente – osserva il dottor Bruno -, diventa indispensabile l’alleanza terapeutica tra lui, il chirurgo e il fisioterapista. Il paziente deve essere il protagonista delle proprie cure, mettersi in gioco trovando il tempo e la voglia di dedicarsi ad attività di ginnastica o altro che prima non faceva. Non basta stendersi sul lettino del chiropratico, per portare a casa un risultato importante è necessario lavorare attivamente e duramente».