Intervista al dottor Guido Leo, infettivologo di Humanitas Cellini e Clinica Fornaca.
Di cosa si occupa l’infettivologo?
«Personalmente di infezioni batteriche» – dichiara il dottor Guido Leo, che continua: «In Humanitas collaboro con gli altri specialisti per valutare e curare pazienti ricoverati in terapia intensiva o in reparto, soprattutto se sviluppano infezioni ortopediche (a seguito di interventi di protesi ad esempio) o infezioni urologiche. In Humanitas Cellini gestisco poi un ambulatorio di secondo livello. In terza battuta, insieme alla Direzione Sanitaria, svolgo controlli sulla prevenzione delle infezioni, valutando l’utilizzo degli antibiotici in profilassi e nella terapia empirica e proponendo sistemi di miglioramento, linee guida a livello ospedaliero e incontri di formazione».
Quali sono gli strumenti di cui si avvale l’infettivologo?
«La testa, le mani e l’ecografo: quella dell’infettivologo è una diagnostica che può diventare interventistica – racconta il dottor Leo -. Grazie all’utilizzo dell’ecografia effettuo il prelievo di materiale biologico che permette di individuare quale batterio ha causato l’infezione. Altrettanto importante l’esperienza, che gioca un ruolo importante nella diagnosi di infezione, e la collaborazione con il personale infermieristico e di laboratorio. Nell’infettivologia è fondamentale questo confronto con i colleghi, possiamo dire che rientra nell’ambito della formazione continua».
Quindi quanto è importante avere un infettivologo in équipe?
«È indispensabile: quello dell’infettivologo è un mondo di relazioni» – afferma il dottor Guido Leo. «In reparto il confronto tra specialisti è fondamentale perché permette di ridurre le tempistiche di intervento e di individuare in maniera più efficace la causa alla base della comparsa di una problematica. L’elemento tempo va sempre considerato: le infezioni hanno una velocità di diffusione molto alta e se individuate per tempo, in primis dal medico curante, la diagnosi e il percorso di cura può cambiare».
Come si tratta una infezione?
«Va intanto riconosciuta come tale. E va ricordato che nelle cure delle infezioni i soggetti coinvolti sono tre: c’è il paziente, il suo corpo e il batterio. Quest’ultimo è da tenere in conto perché si difende da ciò che facciamo noi medici, che possiamo di conseguenza aggirare queste difese o anche “rispettarle” ad esempio scegliendo di non usare antibiotici, o meglio di impiegarli in maniera intelligente. Siamo infatti noi medici i primi a dover fare attenzione al tema dell’antibiotico-resistenza, emergenza mondiale riconosciuta da Ghsi (Global Health Security Initiative) e Oms (Organizzazione mondiale della sanità) che hanno certificato come i batteri abili a “sviluppare resistenze” agli antibiotici possano causare una vera e propria ‘crisi ecologica’, portando anche a maggiore facilità le infezioni ospedaliere» conclude il dottor Leo.