L’esame dell’emocromo – più precisamente esame emocromocitometrico – è un’indagine di laboratorio utilizzata per valutare le dimensioni, la quantità, la composizione e le caratteristiche delle cellule contenute nel sangue di una persona, attraverso un singolo prelievo.
Permette di raccogliere informazioni sui parametri che riguardano i globuli rossi, i globuli bianchi e le piastrine, ma anche i “rapporti” fra i diversi elementi presenti nel sangue.
L’emocromo restituisce un quadro generale delle condizioni di salute del paziente. Viene utilizzato sia per monitorare un’enorme varietà di condizioni patologiche (ad esempio infezioni, infiammazioni, malattie autoimmuni, malattie del sangue e neoplasie), sia per indagare le cause di sintomi come stanchezza e vertigini, sia come esame di routine, per tenere sotto controllo i valori delle persone sane.
Ogni quanto ripetere l’esame dell’emocromo?
La frequenza dipende dalle condizioni di salute, dall’età e dalla storia clinica del paziente. Per coloro che non accusano disturbi è sufficiente eseguire l’esame una volta l’anno (soprattutto dopo i 50 anni) e comunque sotto indicazione del medico di base. In questo caso possono essere prescritte, accanto all’emocromo, altre analisi utili a misurare la concentrazione di zuccheri nel sangue, la salute del fegato o il metabolismo dei lipidi. Lo scopo è quello di diagnosticare eventuali condizioni di cui l’individuo non è consapevole, così da intervenire tempestivamente.
Chi invece ha già una diagnosi di patologie come tumori, diabete, scompenso cardiaco, insufficienza renale o epatica ripeterà l’esame dell’emocromo più spesso, con una frequenza che può variare molto secondo i casi. Un discorso analogo va fatto per le donne in gravidanza e gli individui sottoposti a particolari terapie farmacologiche.
L’emocromo, infine, dovrebbe essere eseguito tutte le volte che si presentano sintomi aspecifici protratti nel tempo, ad esempio febbricola, stanchezza, respiro corto, colorito alterato, capogiri, diarrea, prurito.