Spiega il dottor Matteo Goss, gastroenterologo e chirurgo endoscopista di Humanitas Cellini: «In qualsiasi momento della vita può succedere di soffrire di disturbi di stomaco e intestino. A seconda di sintomi ed età, il medico può arrivare a una specifica diagnosi e a una specifica terapia».
Mal di stomaco: un’espressione nota a tutti che può esprimere problemi differenti, più o meno gravi. Ne parliamo con il dottor Matteo Goss, gastroenterologo e chirurgo endoscopista di Humanitas Cellini
Dottor Goss, cosa si intende, propriamente, per mal di stomaco?
«La definizione di mal di stomaco comprende un insieme molto vario di disturbi, dal bruciore ga-strico al gonfiore dopo i pasti, dalla sensazione fastidiosa di pugno allo stomaco a vero e proprio dolore. Lo spettro di sintomi riferito dal paziente durante la visita aiuterà il gastroenterologo a definire caso per caso quello specifico “mal di stomaco” e a orientarsi nella diagnosi.
I disturbi del tratto gastroenterico e in particolare dello stomaco, ad esempio, risentono molto dell’alimentazione e dello stile di vita del paziente. Molti disturbi gastrici e intestinali migliorano semplicemente adottando un’adeguata alimentazione e sane abitudini».
Quando ci si rivolge al gastroenterologo?
«Quando il paziente è andato dal proprio medico di base e ha già provato i rimedi più frequenti, ma il disturbo non passa da oltre due settimane, è il momento di consultare lo specialista. Diverso è il caso di pazienti con una forte familiarità per malattie del tratto gastroenterico oppure per i pazienti che avvertono sintomi di qualcosa di più grave, i cosiddetti segnali d’allarme».
Quali sono i sintomi di allarme?
«Sia i disturbi di stomaco sia quelli intestinali hanno sintomi di allarme: dolori più acuti o che non passano con una comune terapia, grossi cambiamenti nel modo di andare di corpo (diarrea o stitichezza, feci molto scure oppure molto rosse, sanguinamenti), oppure la perdita repentina di appetito o addirittura di peso».
Come mai queste patologie si diffondono di più nei paesi industrializzati?
«Oggi ci sono più persone che vivono nelle città rispetto alle campagne e in città si tende a mangiare peggio: il lavoro porta ad aver meno tempo di cucinare, cosa che spinge a scegliere cibi pronti, “food delivery” e tutto ciò che fa risparmiare tempo. Non sono colpe, sono solo segni di un’epoca diversa. In ogni caso dobbiamo essere ottimisti perché negli ultimi anni si sta diffondendo una maggiore attenzione al cibo, dai tanti programmi radiotelevisivi a “tema food” ai movimenti contemporanei sulla consapevolezza dell’impatto dell’alimentazione sul pianeta, sul clima e sulla nostra salute. E le nostre scelte alimentari avranno un impatto sui costi sociali: se si mangia meglio ci si ammala di meno».
Nel suo lavoro in Gastroenterologia, quali sindromi o patologie croniche riscontra di più?
«Il motivo per cui incontro più pazienti è il reflusso gastroesofageo, una patologia legata a diversi fattori. Poi ci sono i pazienti con la cosiddetta “pancia gonfia”, infine sono frequenti i pazienti con alvo diarroico o con alvo stitico.
Ogni patologia o sindrome va indagata prima di tutto con un’attenta comprensione delle caratteristiche di ciascuna persona. Molte volte si tratta di disturbi legati ad atteggiamenti errati come alimentarsi male, bere bevande gassate, masticare troppo poco, scegliere cibi che fermentano molto. Poi vanno proposti i giusti esami, ad esempio una delle novità più interessanti in clinica è lo studio del microbiota intestinale. L’abitudine di dare terapie standard, tra cui anche gli antidepressivi, si sta perdendo e fortunatamente i percorsi sono sempre più mirati al singolo paziente e alle caratteristiche specifiche della sua patologia».